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Intorno a Hiroshige

12 agosto 12009

Per esperienza personale, ho notato che le guardiane dei musei sono spesso mature madri di famiglia che approfittano di un lavoretto part-time e passano il tempo nelle sale semideserte guardando di sfuggita i visitatori dal seggiolino concesso loro dalla direzione.

Si comprenderà quindi, abituato a tali compagnie museali, come sono rimasto quando, visitando la (fortunatamente prorogata) mostra di Hiroshige a Roma, mi son trovato davanti, partendo dalla biglietteria e arrivando fino al bookshop, una serie di splendide figliole che non sfigurerebbero certo nei book di un’agenzia di modelle. All’ingresso, l’addetta allo “strappo” dei biglietti, oltre ad una acconciatura in stile nipponico sfoggiava una via di mezzo fra un simil kimono ed una minigonna, e spero di non esserle rimasto troppo a lungo davanti, imbambolato a bocca aperta. Ma non garantisco. :mrgreen:

Anche le ragazze delle sale (l’analogo delle custodi descritte all’inizio) erano vestite con quella che era evidentemente l’uniforme di circostanza: rigorosa minigonna, suppongo nei colori sociali del museo, calze nere e scarpa nera con tacco da dieci (almeno)

Una volta messo a tacere l’ormone impazzito mi son trovato a pensare che col caldo di Roma che l’aria condizionata non riusciva comunque a mitigare più di tanto, alla sera le splendide geishe de noarti dovevano averne gli umeboshi pieni di quei tacchi e di quelle calze, che saranno state anche fini, magari da un carato solo (se mai ne esistono) ma sempre calze erano.

Uscendo, ho notato che il GGG (giovane guardiano giurato) che avevo visto alla biglietteria entrando, ivi era rimasto senza muoversi di un passo, amabilmente chiacchierando con le belle bigliettaie. Come dargli torto? Un’immagine del mondo fluttuante degna di una stampa di Hiroshige, o magari di una serie: Sessantanove vedute di musei italiani

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